Quante specie mangiamo?

Le pratiche dell’agricoltura e dell’allevamento risalgono all’ultimo periodo dell’età della pietra, il Neolitico, epoca che vide l’inizio della coevoluzione tra uomo e ambiente con la domesticazione di specie progenitrici selvatiche.
Si stima che durante la storia dell’umanità, siano state utilizzate circa 10.000 specie per l’alimentazione umana e l’agricoltura, e che su 50.000 specie animali conosciute, 40 siano state addomesticate (con circa 6.500 razze individuabili). Di queste, solo 14 contribuiscono per oltre il 90% alla produzione di alimenti di origine animale (Domestic animal genetic diversity, 2009).
Secondo la FAO, tra il 1900 ed il 2000 è andata persa il 75% della diversità genetica delle colture con cui ci alimentiamo, e questa perdita è segno di una minaccia non solo per le specie che coltiviamo, ma anche per quelle selvatiche: si prevede che a causa del cambiamento climatico, entro il 2050 andranno perse circa il 20% delle specie selvatiche di colture importanti di fagioli, arachidi e patate, provocando ulteriori gravi rischi per la sicurezza alimentare.
Dall’inizio del XX secolo, negli Stati Uniti sono sparite oltre il 90% di varietà di alberi da frutta e ortaggi, mentre il 75% delle risaie in India, è costituito da sole 20 varietà di riso rimaste delle oltre 3.000 presenti all’inizio del secolo scorso. In Italia, 8 delle 30 razze di bovini sono in via di estinzione e solo 3 costituiscono il grosso dello stock nazionale: la frisona, la bruna e l’italiana.
E’ evidente pertanto come il rischio di erosione genetica, riconosciuto dal Regolamento 817/2004 con cui la Commissione Europea attribuisce alle razze e specie locali un ruolo fondamentale nella salvaguardia dell’ambiente, compromette la capacità delle generazioni future di affrontare gli imprevedibili cambiamenti ambientali e climatici.