Consumo dell’acqua

© Yifei  ZHANG / WWF-Canon

Scarsità di risorse idriche

L’acqua è fonte di vita e costituisce il nesso che lega tutti gli esseri viventi su questo Pianeta. Seppur rinnovabile, l’acqua dolce superficiale e sotterranea è una risorsa limitata e vulnerabile che può diventare scarsamente disponibile.

La scarsità idrica è in continuo aumento, così come la salinizzazione e l’inquinamento delle falde acquifere, e ciò rappresenta una crescente minaccia per la produzione alimentare locale e globale. Nel mondo infatti, nelle principali aree di produzione cerealicola, l’ingente prelievo idrico di acqua di falda sta riducendo notevolmente le riserve sotterranee, determinandone il progressivo esaurimento, con conseguenze non solo sugli ecosistemi ma anche sulle comunità rurali che da esse strettamente dipendono.

I bacini idrici interni subiscono l’effetto combinato di una riduzione dell’afflusso d’acqua e di un maggiore carico di nutrienti, soprattutto azoto e fosforo. Molti fiumi non arrivano a raggiungere le foci naturali e le zone umide stanno scomparendo.

Crisi idrica mondiale

Dei 1,4 miliardi di km3 di acqua sul Pianeta, solo il 2,5% del totale è costituito da acqua dolce. Di questo volume (pari a 35 milioni di km3), circa il 70% (24 milioni di km3) è imprigionato sotto forma di ghiacci e neve permanenti nelle regioni montuose, antartiche e artiche. Solo il restante 30% pertanto (che rifacendo i calcoli… rappresenta l’1% della totalità di acqua presente sul Pianeta!) costituisce acqua dolce confinata in depositi sotterranei (falde, umidità del suolo, acquitrini) o acqua superficiale. 13.000 km3 di acqua sono dispersi nell'atmosfera come vapore acqueo, una parte del quale viene restituito sotto forma di precipitazioni che alimentano le acque superficiali e sotterranee. È evidente quindi come solo una quota piccolissima di acqua (meno dell’1%) sia potenzialmente utilizzabile dall'uomo per le proprie necessità vitali. Globalmente, nonostante il 54% di tutta l'acqua dolce accessibile sia utilizzata dagli esseri umani, oltre 1 miliardo di persone non ha accesso all'acqua potabile, e 2,5 miliardi (di cui 1 miliardo sono bambini) non dispongono di adeguati servizi igienico-sanitari. Le implicazioni dell’assenza di questi servizi nelle realtà urbane determina l’insorgenza, secondo l’OMS, di colera, malaria e malattie intestinali che, oggi, sono la seconda causa di mortalità infantile. Ogni 15 secondi un bambino muore per malattie connesse alla qualità idrica e la mancanza di acqua potabile ogni anno causa più vittime di qualsiasi forma di violenza, incluse le guerre.

Acqua: le responsabilità dell’industria

L’industria dipende fortemente dalla risorsa idrica: tutte le industrie, a prescindere da cosa producano (metalli, legno, carta, prodotti chimici, gasolio etc.), utilizzano l'acqua durante il proprio processo produttivo. Esse utilizzano in media il 22% delle risorse idriche della Terra, con una percentuale molto più elevata nei paesi "avanzati" pari al 59% contro l’8% dei paesi a basso reddito, e la dipendenza industriale dall’acqua ne rende indispensabile la corretta gestione. L’industria poi, è la principale responsabile dell’accumulo di rifiuti (metalli pesanti, solventi, fanghi tossici etc.) il cui contributo più significativo al carico di inquinanti proviene dalle industrie che utilizzano materie prime organiche. Quello maggiormente inquinante è il settore agro-alimentare, che nei paesi ad alto reddito è responsabile del 40% dell'inquinamento organico in ecosistemi di acqua dolce, mentre nei paesi a basso reddito il contributo sale al 54%. Il 70% dei rifiuti industriali nei paesi a basso reddito viene scaricato e non trattato, inquinando anche l’approvvigionamento di acqua potabile. La scarsità di acqua potrebbe inoltre essere aggravata da alterazioni negli schemi delle precipitazioni causate dai cambiamenti climatici in atto. Il riscaldamento globale è la causa della fusione dei ghiacciai che alimentano i maggiori fiumi asiatici nella stagione secca, più precisamente nel periodo in cui è più forte la necessità di acqua per irrigare i raccolti dai quali dipendono centinaia di milioni di persone. Produrre più cibo utilizzando una minor quantità d'acqua: sarà la sfida cruciale per affrontare i problemi legati alla scarsità delle risorse idriche.

Agricoltura e risorse idriche

L’agricoltura assorbe la maggior parte delle risorse idriche del Pianeta: l’irrigazione utilizza ormai un quantitativo prossimo al 70% di tutta l'acqua dolce disponibile per l’uso umano (superando il 95% nei paesi in via di sviluppo) e contribuisce al 40% della produzione alimentare mondiale che, negli ultimi 30 anni, è aumentata di oltre il 100%. Il raddoppiamento del volume produttivo e la triplicazione del commercio agricolo mondiale dimostrano gli sforzi dell’agricoltura per rispondere alle necessità di sfamare il mondo; tuttavia, essa produce anche una vasta gamma di colture non alimentari (tra cui cotone, gomma, caffè e tè, oli industriali e biocombustibili), confermando il proprio ruolo di maggior consumatore di acqua sul globo.   Tenendo a mente che il fabbisogno idrico giornaliero pro capite è di 2-4 litri, e che sono necessari dai 2.000 ai 5.000 litri di acqua al giorno per produrre il cibo che mangiamo ogni giorno, è evidente come l’aumento della popolazione mondiale determinerà un aumento del fabbisogno idrico, non solo per il consumo umano (acqua potabile o prelievi irrigui per la produzione alimentare), ma anche per tutti quegli usi connessi alla salute ed all’allungamento della vita media. Il settore agricolo è chiamato ad affrontare una sfida complessa: produrre più cibo di migliore qualità utilizzando meno acqua per unità di prodotto. Per mettere in atto un uso sostenibile della risorsa idrica è necessario tenere conto dell’intero ciclo dell’acqua, assicurando una gestione del territorio che favorisca la conservazione sia quantitativa sia qualitativa dell’acqua dolce disponibile a livello di bacini idrografici.

L’impronta idrica della produzione

Paesi, regioni, aziende e altri soggetti utilizzano acqua per produrre e consumare. Di qui la necessità di tenere conto della domanda e dell’offerta complessiva di questa risorsa, attraverso l'utilizzo di uno specifico indicatore che misura il livello di sostenibilità (o insostenibilità) delle nostre azioni sui sistemi naturali: l'impronta idrica (Water Footprint). L’impronta idrica derivante dalle nostre abitudini di consumo è notevolmente superiore al consumo diretto di acqua (per esempio per l’uso domestico) ed è in gran parte determinata dal consumo di cibo e altri prodotti agricoli. Il concetto di impronta idrica è sostanzialmente analogo a quello di impronta ecologica ma misura l'uso di acqua invece che l’uso di suolo produttivo. Introdotto da Hoekstra e Hung nel 2002 e ulteriormente sviluppato e Chapagain e Hoekstra nel 2007, il Water Footprint si basa sul principio secondo cui, oltre all’acqua direttamente consumata per ottenere un prodotto (materia prima, merce, servizio), occorre calcolare anche il volume di acqua necessario per rendere tale prodotto disponibile al consumo (dal reperimento delle materie prime alla loro trasformazione, all’imballaggio, al trasporto), ossia l’acqua virtuale, il flusso nascosto nell’intera catena di approvvigionamento. Il consumo di acqua è misurato in termini di volumi di acqua consumati (evaporati) e/o inquinati per unità di tempo.

Dal rubinetto: l’acqua più buona, anche per l’ambiente

Il nostro paese è molto ricco di fonti idriche naturali e nonostante questo, gli italiani sono i primi consumatori di acqua minerale in Europa. Il consumo medio annuo pro capite è di oltre 190 l ed oltre a determinare un forte impatto ambientale, costa in media circa 40 euro l’anno per persona (considerando un prezzo medio di 0,30 centesimi per una bottiglia da 1,5 l). La produzione delle bottiglie di plastica oltre ad utilizzare tonnellate di petrolio e altri materiali, contribuisce alle emissioni di gas serra e all’inquinamento atmosferico per il trasporto su gomma necessario alla sua distribuzione. L’acqua che esce ogni giorno dal rubinetto invece, costa solo 0,002 euro al litro. Bevendo quindi l’acqua del rubinetto si ridurrebbe l’impatto sull’ambiente e si otterrebbero benefici anche nel portafoglio: con i quasi 2€ necessari per acquistare 6 bottiglie di acqua minerale si potrebbero consumare circa 900 l di acqua di rubinetto.