Dieta sostenibile? Questione di impronta

Per rispondere anche alle esigenze alimentari e nutrizionali di un pianeta sempre più ricco e urbanizzato, con una popolazione in crescita, preservando le risorse naturali e produttive, i sistemi alimentari devono subire radicali trasformazioni verso una maggiore efficienza nell’uso delle risorse.
Le diete sostenibili devono prevedere il consumo di alimenti con impronta idrica, impronta di carbonio e impronta di azoto basse, promuovendo la biodiversità alimentare, compresi i cibi tradizionali e locali.

Dieta sostenibile? questione di impronta idrica

L’impronta idrica, cioè quanta acqua consumiamo per produrre ciò che mangiamo, è uno dei principali indicatori della sostenibilità ambientale. Analizzando i dati dell’impronta idrica dei diversi alimenti si evidenzia come quegli alimenti della dieta mediterranea per i quali si consiglia un consumo frequente e regolare (cereali, frutta e verdura) possiedono il minore impatto in termini di consumo di risorse idriche. Al contrario quegli alimenti per i quali si consiglia un consumo molto moderato (carne e derivati animali), sono quelli con la maggiore impronta idrica. Se per esempio, per produrre un pomodoro sono necessari 13 litri di acqua, per una fetta di pane ne servono 40, 100 grammi di formaggio «costano» 500 litri, un hamburger 2.400 litri d’acqua. Più in generale, per alimentarsi il consumo d’acqua varia da circa 1.500-2.600 litri nel caso di una dieta vegetariana a circa 4.000-5.000 litri per una ricca di carne. Ne consegue che una dieta «idrovora», troppo ricca in grassi animali e zuccheri, è negativa non solo per le risorse idriche del pianeta ma anche in termini di salute.

Dieta sostenibile? questioni di impronta di carbonio

Nessuno sa che la seconda causa di cambiamento climatico al mondo è l’emissione di CO2 derivante dall’allevamento di animali, ovvero dalla grande quantità di carne che consumiamo. Per abbattere le emissioni bisogna quindi passare alla dieta mediterranea, mangiando soprattutto cereali, verdure e frutta. Certamente qualsiasi alimento che consumiamo, comprese frutta e verdura, implica dei costi ambientali, ma questi costi per la produzione di vegetali sono molto inferiori a quelli della produzione di carne e altri alimenti animali. È dunque fondamentale dal punto di vista ecologico (ma anche salutistico) imparare a mangiare meno carne: a una bistecca di carne di bovino di 250 g è associata l'emissione di quasi 3,4 kg di CO2, l'equivalente di un'automobile di cilindrata medio-grande che percorre 16 km. La produzione dello stesso quantitativo di patate provoca l'emissione di circa 0,06 kg di CO2, ben 57 volte inferiore a quella della bistecca. Sostituire anche un solo pasto a settimana a base di carne con un piatto tipico della dieta mediterranea fa risparmiare 180 kg di CO2 l'anno. Infatti un pasto a base di pasta condita con olio di oliva, pomodoro fresco e parmigiano provoca l'emissione di 0,45 kg di CO2, mentre un pasto a base di bistecca di manzo e contorno di verdura fuori stagione, condita con 2 cucchiai di olio di oliva provoca l'emissione di 4 kg di CO2. Anche nello scegliere frutta e verdura è importante sia la stagionalità sia la località. Infatti la produzione di 1 kg di pomodori fuori stagione in serra rilascia 3,5 kg di CO2eq, rispetto a meno di 0,05 kg della stessa quantità di pomodori prodotta in un campo, una differenza di ben 70 volte. L'aumentata mobilità delle merci presenta un drastico incremento delle emissioni di CO2, oltre che di altri inquinanti. il trasporto aereo di prodotti alimentari (fragole, mele, pomodori, asparagi, zucchine eccetera) da un capo all'altro del pianeta può generare circa 1.700 volte più emissioni di CO2 che un trasporto in camion per 50 km.

Dieta sostenibile? questione di impronta di azoto

L'azoto è fondamentale per la vita per la formazione di aminoacidi, proteine e DNA. La limitatezza di questa sostanza in natura ha posto un limite all’espandersi della vita sulla Terra: piante e animali non potevano crescere più velocemente di quanto i batteri fissassero l’azoto da cui essi dipendevano. Tale limite naturale si è presentato anche per le nostre società relativamente al comparto agricolo, dove lo sfruttamento intensivo dei terreni portava talvolta al loro esaurimento e a carestie. Poco più di 100 anni fa, siamo riusciti ad oltrepassare il limite naturale grazie ai fertilizzanti sintetici (a base di azoto e fosforo) che hanno permesso all’agricoltura di ottenere raccolti impensabili su terreni infertili. Oggi, l'industria produce 120 milioni di tonnellate di azoto l'anno e il problema è che gli ecosistemi stanno ricevendo più azoto di quanto ne riescano ad utilizzare. L'inquinamento da azoto sta incrementando in tutto il mondo ad una velocità che impone urgenti interventi . Ci sono azioni che possiamo intraprendere per tornare all'interno di uno livello sicuro di azoto: occorre una transizione verso un'agricoltura sostenibile e a livello individuale sarebbe importante dimezzare in consumo di carne e latticini