La crescita della popolazione umana ed i cambiamenti nei livelli di consumo previsti, associati all’incremento dell’urbanizzazione, conducono la FAO a stimare che il fabbisogno alimentare previsto per il 2050 richiederebbe un aumento nella produzione agricola del 70%. Eppure, si potrebbero coprire i 3/5 di tale aumento necessario nella produzione alimentare semplicemente smettendo di sprecare cibo! Ad oggi infatti, le perdite post-raccolto ammontano al 14% della produzione agricola totale, mentre un altro 15% è perso in fase di distribuzione e sotto forma di rifiuti domestici.
Come sarà possibile poi, aumentare la produttività dei terreni agricoli del pianeta senza compromettere i suoli fertili, i cicli idrici e la diversità delle colture da cui dipendiamo? Se a questo associamo anche la deforestazione che incalza soprattutto nei Paesi in Via di Sviluppo per creare nuovi spazi per l’agricoltura, vediamo quanto siano allarmanti le ripercussioni su biodiversità, conservazione delle acque e del suolo, salute e cambiamenti climatici. Un ulteriore fattore che continuerà ad esercitare una forte pressione sui sistemi naturali è l’incremento del tasso di urbanizzazione. Oggi, oltre il 50% della popolazione umana (circa 3,5 miliardi di persone) vive in aree urbane, e nel 2050 due persone su tre (6 miliardi di individui) vivranno in aree urbane.
A fronte di una domanda globale in aumento, di materie prime scarseggianti e di risorse naturali limitate, il WWF opera con i vari attori della catena agroalimentare per ridurre gli sprechi e per combattere gli squilibri tra l’incremento dei consumi alimentari e la necessità di aumentare la produzione.
Il più forte paradosso che viviamo in ambito alimentare è quello che riguarda la mal-nutrizione e la mal-distribuzione del cibo. Se da un lato quasi un miliardo di individui soffrono la fame cronica, dall’altro un’analoga quota di individui soffre di obesità, malattie cardiovascolari e di tumori legati ad un’alimentazione basata su un apporto eccessivo di grassi e di proteine. Ne consegue che oltre 2 miliardi di persone mangiano troppo o troppo poco con gravi problemi economici, ambientali, sociali e sanitari. Ciononostante, i numeri sugli sprechi sono impressionanti: ogni anno nel mondo si perdono 1,3 miliardi di tonnellate di cibo, circa 1/3 della totalità del cibo prodotto per il consumo umano. Per quanto riguarda la produzione di carne, il paradosso è dato dal fatto che quasi la metà della produzione agricola mondiale viene utilizzata come mangime per gli animali che costituiscono la base di carne per l’alimentazione umana. Se invece che per l’alimentazione animale lo stesso quantitativo di cereali fosse destinato all’alimentazione umana, si garantirebbe un corretto apporto calorico a più di 3,5 miliardi di esseri umani. Destinando prodotti cerealicoli per il mangime animale piuttosto che per quello umano e stimando un aumento dei consumi di carne dai 37,4 kg/pro capite/annui attuali agli oltre 52 kg/pro capite/annui previsti per il 2050, quanto grande sarà la perdita di calorie per la popolazione umana? Ad aggravare tali pressioni a livello globale influiscono le forti spinte al rialzo dei prezzi per gli alimenti ed i loro andamenti imprevedibili, sostenuti dalla crescita della domanda di carne in Asia, di grano in Africa, di biocombustibili in Europa e America del Nord. Infine, se da un lato una parte del Pianeta è stretta nella morsa della siccità e dell’avanzare della desertificazione, dall’altro si riportano sulle pagine di tutti i quotidiani gli ingenti danni economici provocati all’agricoltura dalle alluvioni, che devastano intere coltivazioni.